Ricorso   della Regione   Trentino-Alto   Adige/Autonome   Region
Trentino-Sudtirol  (cod.  fiscale  80003690221),   in   persona   del
Presidente  della  Giunta  regionale  pro  tempore  Lorenzo   Dellai,
autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n.  190  del  18
settembre 2012 (doc. 1) e con  delibera  di  ratifica  del  Consiglio
regionale n. 26 del 9 ottobre 2012 (doc. 2), rappresentata e  difesa,
come da procura speciale n. rep. 5655 del 28 settembre 2012 (doc. 3),
rogata dall'avv. Edith Engl, Ufficiale  rogante  della  Regione,  dal
prof.   avv.   Giandomenico   Falcon   di    Padova    (cod.    fisc.
FLCGDM45C06L736E)  e  dall'avv.  Luigi  Manzi  di  Roma  (cod.  fisc.
MNZLGU34E15H501Y), con domicilio eletto presso quest'ultimo in  Roma,
via Confalonieri, 5. 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per dichiarazione
di illegittimita' costituzionale 
        dell'articolo 16, commi 3 e 4; 
        dell'articolo   24-bis,   nella   parte   in   cui    prevede
l'applicazione  della  predetta  disposizione,  del  decreto-legge  6
luglio 2012, n. 95, Disposizioni urgenti per la revisione della spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini  nonche'  misure  di
rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore  bancario,  come
convertito, con modificazioni, nella legge 7  agosto  2012,  n.  135,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2012, suppl.
ord. n. 173. 
    Per violazione: 
        del Titolo VI dello Statuto speciale, e in particolare  degli
articoli 69 e 79; degli articoli 103, 104 e 107 del medesimo  Statuto
speciale; 
        dell'art. 2, comma 108, legge n. 191/2009; 
        nelle parti, nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                                Fatto 
 
    Il d.l. 95/2012, convertito nella legge 7  agosto  2012,  n.  135
(c.d. spending review 2), contiene norme volte  a  ridurre  la  spesa
pubblica. 
    Viene qui in considerazione il  Titolo  IV,  Razionalizzazione  e
riduzione della spesa degli enti territoriali, che comprende  diverse
disposizioni, fra le quali qui  rileva  l'art.  16,  Riduzione  della
spesa degli enti territoriali. Infine, viene in considerazione l'art.
24-bis, che  detta  una  clausola  di  salvaguardia  delle  autonomie
speciali, precisando, pero', che resta  fermo  "il  contributo  delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento  e  di
Bolzano  all'azione  di  risanamento  cosi'  come  determinata  dagli
articoli 15 e 16, comma 3". 
    Ad avviso della Regione Trentino-Alto Adige, tali norme risultano
lesive  delle   prerogative   costituzionali   e   costituzionalmente
illegittime per le seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 3. 
    L'art.  16,  comma  1,  dispone  che,  "ai  fini   della   tutela
dell'unita'  economica  della  Repubblica,  gli   enti   territoriali
concorrono,  anche  mediante  riduzione  delle  spese   per   consumi
intermedi, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel
rispetto  delle  disposizioni  di  cui  al  presente  articolo,   che
costituiscono principi fondamentali di  coordinamento  della  finanza
pubblica". 
    Il  comma  3  statuisce   che,   "con   le   procedure   previste
dall'articolo 27 della legge 5 maggio  2009,  n.  42,  le  Regioni  a
statuto  speciale  e  le  Province  autonome  di  Trento  e   Bolzano
assicurano  un  concorso  alla   finanza   pubblica   per   l'importo
complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni  di
euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di curo per l'anno 2014 e  1.575
milioni di curo a decorrere dall'anno 2015". La disposizione aggiunge
che, "fino  all'emanazione  delle  norme  di  attuazione  di  cui  al
predetto articolo 27, l'importo del concorso complessivo  di  cui  al
primo periodo del presente comma e' annualmente accantonato, a valere
sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, sulla  base  di
apposito accordo sancito tra le medesime autonomie speciali  in  sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano e recepito con  decreto  del
Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 settembre 2012". 
    E'  ancora   previsto   che   in   caso   di   mancato   accordo,
"l'accantonamento  e'   effettuato,   con   decreto   del   Ministero
dell'economia e delle finanze da emanare entro il 15 ottobre 2012, in
proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi  desunte,  per
l'anno 2011, dal SIOPE", e che fino  all'emanazione  delle  nonne  di
attuazione, "gli obiettivi del  patto  di  stabilita'  interno  delle
predette autonomie speciali sono rideterminati  tenendo  conto  degli
importi derivanti dalle predette procedure". 
    Siamo, dunque, di fronte ad una ulteriore  rilevante  sottrazione
di risorse alle Regioni speciali, che si aggiunge a  quelle  previsti
dall'art.  14  di.  78/2010,  dall'art.  20,  co.  5,  d.l.  98/2011,
dall'art. 1, co. 8, d.l. 138/2011 (come sintetizzati e ripartiti  dal
comma 10 dell'art. 32 della legge n. 183 del 2011)  e  dall'art.  28,
co. 3, d.l. 201/2011. Come le precedenti, essa e'  disposta  su  base
meramente potestativa, come se le norme statutarie che definiscono la
finanza della Regione Trentino-Alto Adige non avessero alcun  valore,
o fossero liberamente disponibili da parte del legislatore statale. 
    Infatti, la sottrazione di risorse qui contestata non  ha  alcuna
base statutaria. Al  contrario,  le  disposizioni  dello  Statuto,  a
partire dal fondamentale art. 69, sono  rivolte  ad  assicurare  alla
Regione le finanze necessarie all'esercizio delle funzioni: in base a
tale disposizione, "sono  devoluti  alla  regione  i  proventi  delle
imposte ipotecarie percette nel  suo  territorio,  relative  ai  beni
situati nello stesso" (co. 1). Sono "altresi' devolute  alla  regione
le seguenti quote del gettito delle sottoindicate entrate  tributarie
dello Stato, percette nel territorio  regionale:  a)  i  nove  decimi
delle imposte sulle  successioni  e  donazioni  e  sul  valore  netto
globale delle successioni; b) i due decimi  dell'imposta  sul  valore
aggiunto, esclusa  quella  relativa  all'importazione...  c)  i  nove
decimi del provento del lotto, al netto delle vincite"  (co.  2).  E'
chiaro che la devoluzione statutaria di  importanti  percentuali  dei
tributi riscossi nella regione non avrebbe alcun senso, se poi  fosse
consentito alla legge ordinaria dello Stato di  riportare  all'erario
tali risorse, per di piu' con determinazione unilaterale e  meramente
potestativa. 
    L'art. 16, comma 3, viola altresi'  l'art.  2,  comma  108, legge
n. 191/2009 (approvato ai sensi dell'art. 104 St.: v. l'art. 2, comma
106, leggi n. 191/2009), che, nel dare attuazione all'art. 69 St., ha
stabilito che "le quote dei proventi erariali spettanti alla  regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol e alle province autonome di Trento e  di
Bolzano ai sensi degli articoli  69,  70  e  75"  dello  Statuto,  "a
decorrere dal 10 gennaio 2011,  sono  riversate  dalla  struttura  di
gestione individuata dall' articolo  22  del  decreto  legislativo  9
luglio 1997, n. 241, per i tributi oggetto di versamento unificato  e
di compensazione, e dai soggetti a cui  affluiscono,  per  gli  altri
tributi, direttamente alla regione e alle province autonome sul conto
infruttifero,  intestato  ai  medesimi  enti,  istituito  presso   la
tesoreria provinciale dello Stato, nei modi e nei tempi  da  definire
cori apposito decreto del Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,
adottato previa intesa con la regione e le province autonome". 
    Inoltre, l'art. 79 dello Statuto di autonomia disciplina ormai in
modo preciso, esaustivo ed esclusivo le regole secondo  le  quali  la
Regione  e  le  Province  assolvono  gli   "obblighi   di   carattere
finanziario  posti  dall'ordinamento  comunitario,   dal   patto   di
stabilita' interno  e  dalle  altre  misure  di  coordinamento  della
finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" (comma  1):  e  -
come lo stesso art. 79 esplicitamente precisa - tali regole  "possono
essere  modificate   esclusivamente   con   la   procedura   prevista
dall'articolo 104", mentre "fino alla  loro  eventuale  modificazione
costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica  di  cui
al comma 1" (comma 2). Ed il comma 4 ribadisce che  "le  disposizioni
statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e  di
solidarieta'... non trovano applicazione con riferimento alla regione
e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal
presente articolo". 
    Con le disposizioni statutarie sopra ricordate  l'impugnato  art.
16, comma 3, si pone in insanabile conflitto.  Le  risorse  spettanti
alla Regione  non  possono  essere  semplicemente  "acquisite"  dallo
Stato, mentre la Regione stessa concorre al risanamento della finanza
pubblica nei modi direttamente previsti dall'art. 79  o  comunque  in
quelli regolati dall'art. 79 (v. il comma 3). Si tratta di un  regime
speciale,  che  non  puo'   essere   alterato   unilateralmente   dal
legislatore ordinario. 
    Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari  fra  Stato  e
Regioni speciali e' dominato dal principio  dell'accordo,  pienamente
riconosciuto  nella  giurisprudenza  costituzionale:  v.  le   sentt.
82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010. 
    Non puo' ingannare, in questo come negli altri  casi,  il  rinvio
alle  norme  di   attuazione   dello   Statuto.   In   primo   luogo,
l'accantonamento previsto in attesa delle norme di attuazione e' gia'
autonomamente lesivo, traducendosi in diretta violazione dell'art. 69
St. e in una sottrazione delle risorse disponibili per la Regione, al
di  fuori  delle  regole  di  coordinamento   finanziario   stabilite
dall'art. 79. 
    La  riduzione   delle   risorse   e'   operata   direttamente   e
unilateralmente dal legislatore statale, in contrasto con lo  Statuto
e con il principio consensuale che domina  i  rapporti  tra  Stato  e
Regioni speciali in materia finanziaria (v. le sentt. sopra citate). 
    In secondo luogo, quanto alle stesse norme di attuazione,  l'art.
79 e' modificabile solo con la procedura di cui all'art.  104  St.  e
non in sede  di  attuazione.  In  terzo  luogo,  l'art.  16,  co.  3,
determina (illegittimamente) un vincolo di contenuto per le norme  di
attuazione,  per  cui  il  rinvio  alla  fonte  "concertata"   appare
fittizio. 
    In definitiva, come detto, l'art. 16, co. 3, viola l'art. 79 St.,
comma 1, 2, e 4, primo periodo, perche' i  modi  in  cui  la  Regione
concorre al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica o sono
fissati direttamente dallo stesso art.  79  o  vanno  concordati  tra
Stato e Regione, sempre in base all'art. 79. 
    Corrispondentemente, e'  violato  l'art.  104,  che  richiede  il
consenso della Regione per la modifica  delle  norme  del  Titolo  VI
dello Statuto. 
    Inoltre, e' violato l'art. 107 St., perche'  una  fonte  primaria
pretende di vincolare il contenuto delle norme di attuazione. 
    Ancora,  l'art.  16,  comma  3,  viola  l'art.  69  St.,  perche'
diminuisce   l'importo   spettante   alla   Regione   a   titolo   di
compartecipazioni, in base alla suddetta norma statutaria. 
    E', poi, ulteriormente  e  specificamente  illegittimo  e  lesivo
l'art. 16,  comma  3,  la'  dove  prevede  il  criterio  del  riparto
dell'accantonamento ("in proporzione alle spese sostenute per consumi
intermedi desunte,  per  l'anno  2011,  dal  SIOPE").  Infatti,  tale
criterio non risulta in alcun  modo  pariteticamente  concordato  tra
Stato e Regioni speciali, in contrasto con il  principio  consensuale
di cui sopra, oggi stabilito espressamente nello Statuto speciale per
la determinazione del patto di stabilita' (e comunque sempre  seguito
nelle precedenti leggi finanziarie dello Stato). 
    Da ultimo, e ferme restando le censure fino ad  ora  esposte,  la
disposizione di cui al comma 3 e' autonomamente altresi'  illegittima
nella parte in cui dispone un concorso  che  "a  decorrere  dall'anno
2015" si protrae a tempo indeterminato. 
    In effetti, anche nei casi in cui - peraltro  sul  fondamento  di
basi giuridiche che non  possono  essere  applicate  alla  ricorrente
Regione - codesta Corte costituzionale ha ammesso la legittimita'  di
speciali contribuzioni verso lo Stato, e' pur  sempre  rimasto  fermo
che  tali  contribuzioni  si  correlano  a  situazioni  temporalmente
definite, e non possono divenire il regime  permanente  dei  rapporti
finanziari (v. in particolare  sent.  193/2012).  Di  qui  la  palese
illegittimita' anche in relazione a questo specifico profilo. 
    2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 4. 
    L'art. 16, comma 4, aggiunge il comma 12-bis  nell'art.  32 legge
n. 183/2011, che regola il Patto di stabilita' interno delle  regioni
e delle province autonome di Trento e di Bolzano. 
    La comprensione della nuova norma, qui impugnata, richiede che si
ricordi il contesto normativo nella quale essa interviene. 
    Il comma 10 dell'art. 32 1. 183/2011 ripartisce tra le  autonomie
speciali il concorso che le riguarda alla manovra finanziaria,  cioe'
il rispettivo "contributo  agii  obiettivi  di  finanza  pubblica  in
termini di competenza e di cassa aggiuntivo  rispetto  al  2011"  con
riferimento al d.l. 78/2010, al di. 98/2011 e al di. 138/2011. 
    Il comma 12 prevede che, "al fine di assicurare il concorso  agli
obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto  Adige  e  le
province autonome di Trento e di  Bolzano  concordano,  entro  il  31
dicembre di ciascun anno precedente, con il Ministro dell'economia  e
delle finanze, per ciascuno degli anni 2012, 2013  e  successivi,  il
saldo  programmatico  calcolato  in  termini  di  competenza   mista,
determinato migliorando il saldo  programmatico  dell'esercizio  2011
della somma degli importi indicati dalla tabella di cui al comma 10".
A tale fine, "entro il 30 novembre di  ciascun  anno  precedente,  il
presidente dell'ente trasmette la proposta  di  accordo  al  Ministro
dell'economia e delle finanze. Con riferimento all'esercizio 2012, il
presidente dell'ente trasmette la proposta di  accordo  entro  il  31
marzo 2012". 
    Conviene ricordare che queste norme sono  state  impugnate  dalla
Regione Trentino-Alto Adige, con ricorso n. 13/2012. 
    In questo contesto interviene la nuova norma,  qui  impugnata,  a
stabilire che, "in caso di mancato accordo di cui ai commi  11  e  12
entro il 31 luglio, gli obiettivi delle regioni a statuto speciale  e
delle  province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  sono   determinati
applicando   agli   obiettivi   definiti   nell'ultimo   accordo   il
miglioramento di cui: a) al  comma  10  del  presente  articolo";  b)
all'articolo 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201,
convertito in legge, con modificazioni,  dall'articolo  1,  comma  1,
della  legge  22  dicembre   2011,   n.   214,   come   rideterminato
dall'articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012,  n.  1,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012,  n.  27,  e
dall'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012,  n.  16...
d) agli  ulteriori  contributi  disposti  a  carico  delle  autonomie
speciali". 
    Dunque, il comma 12-bis, introdotto dall'art. 16,  comma  4,  del
d.l. n. 95 del 2012, regola il caso del mancato accordo sul patto  di
stabilita'; corrispondentemente, l'art. 16, comma 5, abroga  l'ultimo
periodo dell'art. 32, co. 12, 1. 183/2011, che stabiliva che "in caso
di mancato accordo, si applicano le  disposizioni  stabilite  per  le
regioni a statuto ordinario". 
    La  nuova  norma  accorcia  il   termine   per   la   conclusione
dell'accordo (lo anticipa dal 31 dicembre al 31 luglio: e' da  notare
che il d.l. 95/2012 e' del 6 luglio!) e attribuisce ad esso - a  quel
che sembra - carattere perentorio, in quanto, una  volta  scaduto  il
termine,  gli  obiettivi  delle  Regioni  speciali  sono  determinati
unilateralmente dal legislatore statale: in altre parole, decorso  il
termine, "gli obiettivi delle regioni  a  statuto  speciale  e  delle
province autonome di Trento e  Bolzano  sono  determinati  applicando
agli obiettivi definiti nell'ultimo  accordo"  le  conseguenze  delle
norme che prevedono contributi della  Regione  al  risanamento  della
finanza pubblica. 
    L'art. 16, comma 4, dunque, e' - in primo luogo - affetto in  via
derivata dai vizi che colpiscono le norme da esso richiamate.  E'  in
particolare  illegittimo  l'art.  28,  co.  3,  d.l.  201/2011,  gia'
impugnato dalla  ricorrente  Regione  con  ricorso  ancora  pendente;
avverso il suo richiamo determinato dall'art. 16,  comma  4,  possono
farsi valere le argomentazioni relative  all'art.  16,  comma  3  del
tutto simile nel contenuto all'art. 28, comma 3, d.l. 201/2011. 
    Le stesse argomentazioni possono essere richiamate, in  relazione
alla violazione dell'art. 79 St.  e  del  principio  dell'accordo  in
materia finanziaria, anche per la parte  dell'art.  16,  co.  4,  che
rinvia ai contributi di cui all'art. 32, co. 10,1. 183/2011. 
    In effetti, l'art. 16, comma 4, viola l'art. 79  St.,  perche'  i
modi in cui la Regione concorre al raggiungimento degli obiettivi  di
finanza pubblica o sono fissati direttamente dallo stesso art.  79  o
vanno concordati tra Stato e Regione, sempre  in  base  all'art.  79.
Questo prescrive, in particolare,  che  "la  regione  e  le  province
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi
relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai  saldi  di
bilancio da conseguire in  ciascun  periodo",  e  che,  "a  decorrere
dall'anno 2010, gli obiettivi del patto di  stabilita'  interno  sono
determinati tenendo conto anche degli effetti positivi in termini  di
indebitamento netto derivanti  dall'applicazione  delle  disposizioni
recate dal presente articolo e dalle relative  norme  di  attuazione"
(art. 79, comma 3). 
    Dunque, lo Statuto speciale prevede che,  nella  conclusione  del
patto di stabilita', si tenga conto degli effetti delle norme di  cui
all'art. 79 e delle norme di attuazione, non  delle  norme  di  legge
ordinaria statale che cercano di avocare allo Stato risorse spettanti
alla Regione in base a Statuto. 
    Corrispondentemente, e'  violato  l'art.  104,  che  richiede  il
consenso della Regione per la modifica  delle  norme  del  Titolo  VI
dello Statuto. 
    L'art. 16, comma 4, viola poi il principio consensuale in materia
di finanza delle Regioni speciali. Infatti,  il  legislatore  statale
non puo' prevedere che la determinazione unilaterale degli  obiettivi
scatti semplicemente "in caso di  mancato  accordo",  dato  che  cio'
"vanifica la previsione dell'intesa, in  quanto  attribuisce  ad  una
delle  parti  'un  ruolo  preminente,  incompatibile  con  il  regime
dell'intesa,  caratterizzata  .1  dalla  paritaria   codeterminazione
dell'atto' (sent.  121/2010).  La  norma  in  questione  finisce  per
rimettere l'applicazione  delle  norme  legislative  richiamate  (che
prevedono i contributi al raggiungimento degli obiettivi  di  finanza
pubblica), in luogo dell'accordo, alla  nuda  volonta'  del  Ministro
dell'Economia;  e'  invece  necessario,  come  messo  in  luce  dalla
giurisprudenza costituzionale, che il legislatore preveda  meccanismi
paritetici volti a superare il dissenso (sent. 383/2005; v. anche  la
sent. 179/2012). 
    3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 24-bis, nella parte in
cui essa eccettua dalla salvaguardia l'art. 16, comma 3. 
    L'art. 24-bis detta la Clausola di salvaguardia: "Fermo  restando
il contributo delle regioni  a  statuto  speciale  e  delle  province
autonome di Trento e di Bolzano all'azione di risanamento cosi'  come
determinata dagli articoli 15 e 16,  comma  3,  le  disposizioni  del
presente decreto  si  applicano  alle  predette  regioni  e  province
autonome  secondo  le  procedure  previste  dai  rispettivi   statuti
speciali e dalle relative norme di attuazione, anche con  riferimento
agli enti locali delle autonomie speciali che esercitano le  funzioni
in materia di finanza locale, agli enti ed organismi strumentali  dei
predetti  enti  territoriali  e  agli  altri  enti  o  organismi   ad
ordinamento regionale o provinciale». Dunque, l'art. 24-bis  eccettua
espressamente,  dall'ambito  di  applicazione   della   clausola   di
salvaguardia, l'art. 16, co. 3, impugnato con  il  presente  ricorso.
Dunque, il primo periodo dell'art. 24-bis  e'  affetto  dagli  stessi
vizi sopra denunciati, con riferimento all'art. 16, comma 3. 
    Il concorso della  Regione  Trentino-Alto  Adige  al  risanamento
della finanza pubblica deve esplicarsi nel  rispetto  delle  speciali
norme che regolano i rapporti finanziari tra Stato e  Regione  e,  in
generale, del metodo  dell'accordo,  ne'  tale  assetto  puo'  essere
stravolto   per   (presunte)   ragioni   emergenziali,   cosi'   come
recentemente ricordato dalla giurisprudenza  costituzionale,  secondo
la quale, anche se in presenza di situazioni  eccezionali,  lo  Stato
non puo' sospendere le garanzie  costituzionali  di  autonomia  degli
enti territoriali stabilite  dalla  Costituzione  e,  pertanto,  deve
affrontare l'emergenza finanziaria  predisponendo  rimedi  che  siano
consentiti  dall'ordinamento  costituzionale  (Corte  costituzionale,
sentenze nn. 148 e 151 del 2012). 
    Anche l'art. 24-bis, dunque,  risulta  lesivo  delle  prerogative
costituzionali della Regione Trentino-Alto Adige.